domenica 1 febbraio 2009

Aspetti fiscali di un sito web - Google Adsense (4)

AGGIORNAMENTO: (10 marzo 2009)

Sono recentemente intervenute alcune variazioni contrattuali nel programma Adsense (come ho scritto in questo post), di conseguenza, quanto riportato nell'articolo necessita di alcuni aggiornamenti e integrazioni, a cui dedicherò un nuovo post tra qualche giorno.

QUARTA PARTE

In questo quarto articolo, l'ultimo della serie su Google Adsense (per il momento, a meno che non intervengano novità significative) voglio riprendere la questione della territorialità dell'imposta IVA, a cui ho accennato nel primo post della serie.

Sull'aspetto della territorialità dell'IVA non ho avuto modo di documentarmi a dovere, ma, in ogni caso, voglio almeno dare qualche cenno. Innanzitutto, il DPR 673 del 1972 (la legge IVA) precisa che, per stabilire se la vendita di un bene o servizio sia soggetto all'imposta, bisogna riferirsi al luogo in cui il bene (o servizio) viene acquistato e utilizzato. Nel nostro caso, veniamo pagati appena un visitatore effettua un click sui banner pubblicati nel nostro sito, quindi il luogo in cui Google utilizza il servizio che noi gli forniamo è quello in cui si trova il visitatore che ha cliccato; poiché questo visitatore può trovarsi in qualunque parte del mondo, si capisce che il problema è di difficile soluzione.

In ogni caso, l'Agenzia delle Entrate ha avuto modo di pronunciarsi su un caso analogo, con la risoluzione n. 174 dell'8 Agosto 2003: la questione in essa affrontata era posta da una squadra di calcio italiana, intenzionata a vendere alla UEFA i diritti televisivi sulle partite da essa disputate, la quale chiedeva se tale vendita fosse soggetta ad IVA. In effetti la UEFA ha sede in Svizzera (quindi è extra UE), ma avrebbe potuto cedere a sua volta tali diritti ad altri intermediari (anche nella UE) e inoltre le partite, trasmesse via satellite, sarebbero state visibili in tutte le nazioni (Italia compresa). Nella risoluzione, l'Agenzia ha precisato che, proprio a causa della difficile (se non impossibile) tracciabilità dei vari passaggi, la società avrebbe dovuto considerare come unico acquirente dei diritti la UEFA, quindi la vendita stessa non sarebbe stata da assoggettare all'IVA. Vale la pena riportare alcuni passaggi significativi della risoluzione stessa:

Nel caso in esame, occorre dunque un'indagine volta ad individuare il luogo in cui avviene l'effettivo utilizzo dei diritti di sfruttamento economico delle partite di calcio acquisiti dalla UEFA. A ben vedere, considerata la particolare natura dei predetti diritti, non appare ragionevole ipotizzare che il loro utilizzo avvenga negli Stati in cui il prodotto o servizio commercializzato dalle imprese che hanno acquistato i diritti dalla UEFA perviene al fruitore finale (telespettatore, acquirente dei gadget, etc). Si deve, infatti, ritenere che, per la societa' istante, lo sfruttamento commerciale dei diritti in discorso si realizza al momento stesso della vendita dei diritti da parte della UEFA e, quindi, in Svizzera, paese in cui la stessa UEFA ha sede.

[...]

Sarebbe praticamente impossibile per i Club calcistici determinare, nell'ambito dei proventi loro attribuiti dalla UEFA, la percentuale riconducile alla cessione dei diritti ad operatori italiani. Cio' anche in considerazione del fatto che i soggetti che acquistano i diritti dalla UEFA, spesso non sono gli utilizzatori dei diritti stessi, ma si comportano quali meri intermediari, rivendendo i diritti medesimi ad altri operatori economici.

In effetti, noi vendiamo un servizio a Google Inc. (con sede negli USA), il quale, a sua volta, sfrutta i nostri spazi per vendere prodotti pubblicitari agli inserzionisti, che possono essere residenti in qualunque parte del mondo, come, del resto, i visitatori del nostro sito. Sembra, quindi, che la nostra situazione sia analoga a quella presentata nella risoluzione.

Tuttavia, c'è chi fa osservare che, se il nostro sito è in lingua italiana, anche i visitatori saranno per la maggior parte provenienti dall'Italia e, inoltre, saranno in italiano (e di inserzionisti italiani) anche gli annunci presentati nelle pagine (proprio per il meccanismo con cui funziona Adsense, volto a fornire annunci pertinenti al contenuto); di conseguenza, si identificherebbe con l'Italia il luogo di utilizzo del servizio e tutto ciò varrebbe anche se il sito fosse in una qualsiasi lingua della UE. A ciò si aggiunge il fatto che un webmaster ha a disposizione diversi strumenti per le statistiche (ad esempio Google Analitics) che permettono di monitorare costantemente la provenienza dei visitatori.

Io, personalmente, non condivido tale opinione, in quanto gli strumenti di statistica forniscono informazioni sulla provenienza dei visitatori, ma non su quella dei click: su quest'ultima si possono fare solo congetture.

Ancorta una volta ci troviamo di fronte ad opinioni contrastanti, quindi nemmeno percorrendo la strada della territorialità dell'IVA si riesce a mettere la parola FINE alla questione dell'inquadramento fiscale di Google Adsense.

Nel prossimo post sull'argomento, come accennato, lascerò da parte Adsense e parlerò dei programmi di affiliazione che retribuiscono con metodi diversi dal pay per click.

A presto

2 commenti:

  1. Buongiorno, in merito all'applicazione o meno della tassazione sugli introiti Adsense volevo chiederle come si è regolato lei a poposito. Avrei intenzione anche io di partecipare al programma Adsense, ma ancora non ho capito se è necessario aprire Partita IVA o meno. Grazie.
    Marco.

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  2. Buongiorno, innanzitutto grazie della visita e del commento.

    Io, stando a quanto mi ha detto l'Agenzia delle Entrate (cfr. questo post) sono giunto alla conclusione che se il sito è amatoriale la partita IVA non serva; basta solo dichiarare quanto ottenuto tra i "redditi diversi".
    Questo è come mi sto regolando io al momento.

    Le consiglio di leggere anche quanto scritto in proposito nel blog della dr.ssa Trombetta in questa pagina.

    Per piccoli siti amatoriali questa mi sembra essere la conclusione più logica, anche se c'è chi la pensa diversamente, ed anche la risposta via mail dell'Agenzia delle Entrate non è risolutiva. L'unico modo per ottenere una parere ufficiale (e quindi vincolante) dall'agenzia delle entrate è presentare un'istanza di interpello (cosa che non escludo di fare in futuro).

    A presto.

    P.S. Voglio ribadire che non sono un commercialista (mi occupo di tutt'altro), quindi tutto quanto ho scritto vuole solo essere uno spunto di riflessione: prima di prendere qualunque decisione, le consiglio di ricolgersi al suo consulente di fiducia

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